
Profumi e gusto. Cucina del Cilento
Il Cilento, come è noto, è la patria della dieta mediterranea, un modello nutrizionale dal contenuto assolutamente semplice riconosciuto dall’UNESCO nel 2010 “Patrimonio immateriale dell’umanità” . Piatti “poveri”, ingredienti naturali e di origine locale. Poche concessioni a varianti “creative”.
Certamente avete sentito nominare la “ciambotta” o “cianfotta” a seconda delle inflessioni geografiche. E’ una deliziosa pietanza agreste a base di peperoni, melanzane, patate e pomodori (ma c’è anche chi aggiunge carote e zucchine) profumata ed aromatizzata con aglio, cipolla, prezzemolo, basilico, origano. L’origine di questo nome viene da “champ_potage”, vale a dire “verdure dell’orto”, quella che oggi i francesi della Provenza chiamano ratatouille. In Cilento assume anche il nome di “ciauredda“, ma è sempre un piatto a base di verdure estive di stagione, di solito del proprio orto. Va servita tiepida o anche fredda, nella tradizione in attesa tra due fette di pane che assorbe il sapore delle verdure.
Altra pietanza tradizionale del Cilento è il poverissimo acqua sale, fatto di pane biscottato ed ammollato in acqua, condito con sale, pomodori ed olio extravergine d’oliva (rigorosamente locale). E’ ideale abbinarlo con mozzarella di bufala per un’esperienza sensoriale senza paragoni.
Restando nella tradizione ecco un primo piatto di eccellenza: lagane e ceci. Territorio vocato alla coltivazione dei ceci fin dall’anno 1000 (il paese di Cicerale, oggi presidio Slow food, deve il suo nome proprio a questo legume) offre al palato il sapore intenso, gustoso e semplice di un piatto che combina i ceci e la pasta fatta a mano con acqua e farina.
Un altro primo piatto della tradizione cilentana sono i fusilli al sugo, nelle varianti al sugo di pomodoro, di castrato di capra, di cinghiale o con la salsiccia. Alcuni paesi si contendono l’origine di questa pasta fresca di semola, acqua ed uovo, realizzata con un ferretto. Il paese di Felitto è considerata la patria del fusillo (detto in dialetto locale maccarun’ pertusato) che viene realizzato con una lunghezza di oltre 20 centimetri, utilizzando semola ed uova, senza acqua e solo qualche goccia d’olio per ungere le mani durante la lunga lavorazione. L’abilità sta nel lavorare l’impasto realizzando dei lunghi cordoni e poi inserire il ferro, premendo fino a penetrare nell’interno e poi tirare l’impasto rapidamente. Sopra ai fusilli è di rigore una spolverata di formaggio di capra.
Avvicinando la cucina di mare, ecco le alici ‘mbuttunate. Ripiene di uova sbattute, pangrattato, formaggio di capra, prezzemolo, aglio, sale e pepe, vanno infarinate prima della frittura. Il sapore della farcitura e la croccantezza della frittura ne fanno un irresistibile antipasto o secondo piatto.
Non mancano piatti più tradizionali a completare l’offerta di mare: linguine ai frutti di mare sono un classico da gustare nei migliori ristoranti della costa. Cozze, vongole, tartufi, cannolicchi e quant’altro può regalare il mare bene si sposano con questa pasta piatta o con gli scialatielli, pasta fresca della tradizione campana. Il nome deriva dall’unione tra due parole della lingua napoletana: “scialare” (godere) e “tiella”(padella).
In attesa dei piatti principali, nella stagione estiva, si può aprire lo stomaco con un antipasto fatto di fiorilli fritti in pastella. Semplici e naturali, oppure ripieni con acciuga, o con mozzarella di bufala, ma gustosi e croccanti.
Per chiudere o anche solo per gustare qualche dolce del territorio non possono mancare i fichi bianchi del Cilento.
Apprezzati ed ampiamente diffusi nella versione secca ( semplici o anche qui imbottiti con le mandorle e ricoperti di cioccolato) sono un’esplosione di sapore se assaggiati freschi direttamente dalla pianta. Per chi ama i sapori della campagna, passeggiando e cercando tra le siepi di rovi, si possono trovare le more di rovo che maturano a fine estate, ottime per guarnire una crostata. Alla fine della primavera maturano le more di gelso, per fare compagnia a qualche buon gelato da gustare ai primi caldi della stagione estiva.
In autunno ci rivolgiamo alla castagna, abbondante nei boschi del Cilento. La coltivazione e la diffusione del castagno (detto anche albero del pane) è dovuta ai monaci basiliani nel territorio montuoso dell’interno da Moio della Civitella a Stio, da Campora a Orria, da Roccadaspide a San Mauro Cilento, da Futani a Morigerati : la farina della montagna, capace di conservarsi per molto tempo, ha sfamato i cilentani per secoli. La tradizione ci porta le “pastorelle“, fagottini dolci ripieni di purea di castagne preparati nelle feste di Natale.